Chi non può vedere, chi non può sentire, chi non può camminare, chi insomma ha una disabilità, nel nostro Paese è destinato ad essere escluso ed emarginato.
Una persona con disabilità è considerato, suo malgrado un “paziente” (un ammalato) a vita perchè la disabilità continua ad essere considerata un tema sanitario invece che, come accade in tutti i Paesi civili, un tema di pari Opportunità.
Le nuove tecnologie nel nostro Paese continuano ad essere ignorate tranne che, a volte, per gli infortunati sul lavoro; escludendo l’invalido civile dalla vita sociale – perché se non si lavora sulla parte residua sana, potenziandone le capacità e le funzioni, di fatto si impedisce di migliorare la qualità della vita – il risultato sarà quello di incidere gravemente sui costi sociali.
Le nostre città, in barba ai diritti elementari di convivenza civile, continuano ad essere inaccessibili: le barriere architettoniche calpestano quotidianamente il diritto di autonomia, di libertà e, quindi, la dignità delle persone con disabilità.
Al pari di un Paese delle banane i più deboli subiscono le angherie più ignobili e non più tardi di una settimana fa, nel silenzio più totale anche dei media (e anche su questo sarebbe interessante dibattere), ha voluto ricordarcelo una sentenza della Corte Europea di Giustizia: L’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro. Per i giudici europei il nostro Paese “è venuto meno agli obblighi a causa di un recepimento incompleto di una direttiva varata alla fine del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione”.
Come risposta alla Corte Europea la nostra principale istituzione, il Governo, si è giustificato sostenendo che l’adeguamento dei locali e delle attrezzature, i ritmi di lavoro della persona con disabilità sono elementi che si traducono in un onere sproporzionato per chi assume e quindi, nel bilancio pubblico, questi fondi sono stati completamente eliminati. In sostanza ci è stato confermato che il disabile non potrà mai rappresentare una risorsa ma piuttosto continuerà ad essere vissuto come un pesante fardello per le casse dello Stato.
Con Affetto
Salvatore Cimmino
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