Nel mondo esistono 750 milioni di persone con disabilità, cifra che rappresenta il 10% dell’intera popolazione e, in Europa, il 15% degli abitanti.
Naturalmente noi disabili viviamo anche in Italia, siamo circa quattro milioni e, volendo continuare a fare di conto, posso tradurvi la cifra dicendo che abbiamo un’incidenza sulla popolazione piuttosto interessante, rappresentiamo, infatti, una persona su quattordici e, com’è ovvio, apparteniamo a tutte le categorie sociali perché l’handicap non distingue e neanche discrimina e quindi interessa i minori, gli anziani, i giovani, gli immigrati, i ricchi, gli indigenti, i disoccupati e gli occupati.
La nostra è una condizione, che pur nelle enormi differenze che caratterizzano ciascuna situazione individuale, richiede un’attenzione trasversale da parte di tutte le politiche sociali volte a garantire diritti di cittadinanza, istruzione e formazione, lavoro, vita indipendente, accessibilità e mobilità, salute, fruizione del tempo libero.
Le persone con disabilità possono vivere condizioni di discriminazione e mancanza di pari opportunità in tutti i settori dell’esistenza rimanendo purtroppo, in alcuni casi, vittime di esclusione sociale.
Per questa ragione una società ideale, cioè semplicemente civile, dovrebbe essere in grado di prestare un’attenzione particolare alle persone con disabilità, contribuendo in maniera rilevante allo sviluppo e al consolidamento di adeguate politiche d’integrazione sociale e ponendo la disabilità come una questione d’interesse nazionale, progettando un Paese capace di garantire, a tutti, i diritti fondamentali, cioè il diritto all’accesso alle Nuove tecnologie, il diritto all’Educazione e all’Istruzione, il diritto al Lavoro.
La rimozione delle cause invalidanti si ottiene anche sostenendo la ricerca scientifica in collaborazione con le Università e i Centri di Ricerca: Nel nostro Paese è ormai urgente la modifica del Nomenclatore Tariffario delle protesi e degli ausili, il documento che elenca gli ausili e i presidi tecnologici forniti dal Servizio Sanitario Nazionale alle persone con Disabilità. Il documento attuale, datato 1992, non tiene conto dei risultati che la tecnologia ha raggiunto in questi ultimi 20 anni e quindi non è in grado di garantire quegli evidenti benefici derivati dal progresso della ricerca scientifica, a differenza di quanto avviene invece per il prontuario farmaceutico che, come è ovvio, viene costantemente aggiornato.
Sostenere la ricerca scientifica anche nel campo protesico è necessario per migliorare la qualità della vita di tutte quelle persone che necessitano di un dispositivo a sostituzione dell’arto mancante. Allo stato attuale i risultati ottenuti sono molto incoraggianti e proprio per questo non è il momento di arrendersi. Basti pensare, per esempio, al caso di un progetto sperimentale finanziato dall’esercito degli Stati Uniti che migliora la condizione di chi ha perso gli arti inferiori attraverso una tecnologia che, interpretando i segnali nervosi dei muscoli rimasti del paziente, li traduce in movimento robotizzato.
Un altro punto a mio avviso fondamentale, in un processo di vera crescita e integrazione, è costituito dall’inserimento scolastico degli alunni con disabilità che dovrebbe costituire un punto di forza del sistema educativo. La scuola deve essere una comunità accogliente nella quale tutti gli alunni, a prescindere dalle loro diversità funzionali, possano realizzare esperienze di crescita individuale e sociale. La piena inclusione degli alunni con disabilità è un obiettivo che la scuola deve perseguire attraverso un’intensa e articolata progettualità, valorizzando le professionalità interne e le risorse offerte dal territorio.
Il nostro Paese si è dotato di una Legislazione attenta all’integrazione scolastica degli alunni con disabilità: abbattimento delle barriere architettoniche nella scuola; trasporto scolastico; l’assistenza durante l’orario scolastico; organizza la formazione e l’aggiornamento del personale docente in materia di integrazione scolastica; predispone attività di orientamento fin dalla scuola secondaria e di primo grado; garantisce la continuità educativa e didattica tra un ciclo e l’altro della scuola, prevedendo la consultazione obbligatoria tra gli insegnanti; garantisce la possibilità di completare la scuola dell’obbligo.
Ma afferma anche, purtroppo, che tali servizi sono erogati nei limiti delle disponibilità di bilancio. Attiviamoci tutti perché questi limiti siano rivisti e diventino più favorevoli per le famiglie in stato di necessità che devono poter trovare, anche nella scuola, quel sostegno ad un percorso che altrimenti, in solitudine, è durissimo da portare avanti.
E veniamo al mondo del lavoro. È arrivato, secondo me, il momento di individuare davvero, nel lavoratore con disabilità, una risorsa per la comunità. Da sempre i rapporti tra disabili e mondo del lavoro risultano problematici. Irti di barriere sociali e ostacoli burocratici. Così per la persona disabile, al dramma delle limitazioni fisiche e psichiche si aggiunge la difficoltà di far valere i propri diritti. Legittimi, sacrosanti e normati dalla Legge 68 che ha sostituito precedenti regolamenti, leggine e circolari vecchie di oltre vent’anni.
Tra gli obiettivi della nuova normativa, oltre all’assunzione a pieno titolo in aziende pubbliche e private, è previsto che l’inserimento al lavoro della persona con disabilità miri a: «valorizzare le abilità residue e le potenzialità inespresse».
Ma le cose nella pratica, funzionano diversamente. Infatti soltanto un’ azienda su quattro si preoccupa della completa integrazione della persona con disabilità attraverso un’accoglienza e un inserimento adeguato, supportato da colleghi con mansioni di affiancamento. Le altre 3 aziende si preoccupano solo di adempiere all’assunzione di legge. Senza mettere in atto politiche d’inserimento ad hoc, quindi rimanendo lontani da quanto sta scritto nella Legge 68/1999 che enfatizza il passaggio del disabile: «da obbligo a risorsa attiva». Senza dimenticare i casi in cui alcune aziende preferiscono pagare multe risibili là dove esistono commissioni di controllo sul collocamento obbligatorio.
Infine vorrei ricordare a tutti la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che per me rappresenta un punto fondamentale dal quale partire per affermare finalmente, in tutto il mondo, i basilari e sacrosanti diritti alla democrazia e alla civiltà.
Questo importante strumento, frutto di battaglie appassionate, confronto costante e dialogo tra le istituzioni e il mondo della società civile, è stata l’ occasione per dare piena e concreta attuazione al principio da tutti evocato del “Niente su di noi, senza di noi”.
Sono convinto che la risposta alla spesso drammatica realtà delle persone disabili si trovi aumentando le occasioni di mobilità sociale: bisogna finalmente far uscire le nuove tecnologie dai cassetti e renderle accessibili in modo tale da facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro, occupare una casa, frequentare la scuola con dignità.
L’attualità impone a noi tutti di fare un passo avanti: recuperare e integrare le persone con disabilità non è solo un dovere morale ma anche e soprattutto economico. In un momento di forte crisi, come quello che stiamo attraversando, il contributo degli oltre 750 milioni di persone con disabilità che abitano la terra potrebbe aiutare ad affrontare, in maniera significativa, le nostre difficoltà.
Il mio sogno è che anche altre realtà importanti, oltre al MIT, l’ Università Bio-Campus e la Selex Electronic Systems, decidano di offrire le proprie competenze per avviare un processo che, partendo dall’industria, determini un vero progresso nelle condizioni di vita dei disabili e avvii un percorso di reale integrazione.
In conclusione, mi appello a quelle realtà che operano nel mondo Accademico, nel mondo dell’industria, dell’assistenza e della riabilitazione protesica, perché facciano un passo avanti, cooperino e contribuiscano alla trasformazione della sofferenza delle persone con disabilità, in gioia di vivere.
Grazie della Vostra attenzione
Salvatore Cimmino
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